Doversi definire.
Chi si è? O meglio, cosa si è?
Cos'è che definisce o identifica una persona?
Il genere, l'età, l'aspetto, la sessualità, gli studi, il lavoro, lo stato sociale? Certo ci sono cose che ne escludono necessariamente altre, se sono nata femmina non sono un maschio, e così via.
Ma noto sempre una tendenza nelle persone, nella società, nei canoni imposti, a doversi "schierare", a dover trovare il proprio insieme d'appartenenza.
Ma io non ho confini; i miei interessi, la mia persona, i miei gusti, le mie dipendenze e i miei pensieri non possono essere relegati a "o questo o quello". Rispecchiano, anzi, la contraddittorietà di ogni persona.
Perchè amo il giorno come la notte, i concerti come il teatro, l'elettronica ma anche il blues e i cantautori, perchè vedo il mondo a colori e non riesco a star ferma, a non incuriosirmi, a restare dove sono, a non voler altro, ad inseguire il vento; perchè vorrei essere sia in un campo volontari in Africa che nella Grande Mela o in un lungo road trip, ed in tutti i posti sarei comunque "io".
E la mia storia? Non sono anche la mia storia? La nascondo tra i sorrisi e tra le frasi lasciate a metà. E sono il mio futuro, quello che riesco ad immaginare e quello che non arrivo neanche a desiderare per paura che sia troppo.
Abbastanza non è troppo e non è poco, una misura equa contro l'ingordigia e la malinconia.
Sono tutto quello che vedi ( se riesci a guardare) , ma anche ciò che ti è invisibile.
Non sono fatta per essere catalogata.
Alessandra Menniti, 20 anni, italiana, studentessa, bruna, nessun segno particolare sulla carta d'identità, stop.
Tutto qui? E' questo quello che siamo, un'etichetta da portarci dietro come biglietto da visita?
Non sono forse anche queste le gabbie dell'uomo?
Alessandra
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